giovedì 18 settembre 2008

..adesso l'amore

Sulle sponde del fiume Pedra mi son seduto e ho pianto. Narra la leggenda che tutto ciò che cade nell’acqua di questo fiume, le foglie, gli insetti, le piume degli uccelli, si trasforma nelle pietre del suo letto. Se solo potessi strapparmi il cuore dal petto e lanciarlo nella corrente, allora non ci sarebbero più dolore né nostalgia né ricordi. Sulla sponda del fiume Piedra mi sono seduta e ho pianto. Il freddo dell’inverno mi ha fatto sentire le lacrime sul viso: lacrime calde che si sono confuse con le acque gelate che scorrono davanti a me. In qualche punto, il fiume si unisce con un altro, poi con un altro ancora, finché, lontano dai miei occhi e dal mio cuore, tutte le acque si confondono con il mare. Che le mie lacrime scorrano lontano, perché il mio amore non sappia mai che un giorno ho pianto per lui. Che le mie lacrime scivolino via, e solo allora dimenticherò il fiume Piedra, il monastero, la chiesa sui Pirenei, la bruma, i cammini che abbiamo percorso insieme. Dimenticherò le strade, le montagne e i campi dei miei sogni: sogni che mi appartenevano e che io non conoscevo. Ricordo il mio istante magico, quel momento in cui un “si” o un “no” può cambiare tutta la nostra esistenza. Sembra che sia accaduto tanto tempo fa, eppure è solo da una settimana che ho ritrovato il mio amato e l’ho perduto. Sulle sponde del fiume Piedra, ho scritto questa storia. Le mie mani erano gelate, le gambe intorpidite dalla posizione, e io avevo bisogno rifermarmi spesso. Forse l’amore ci fa invecchiare anzitempo e ci rende giovani quando la gioventù è passata. Ma come non rammentare quei momenti? Perciò ho scritto, per trasformare la tristezza in nostalgia, la solitudine in ricordi. Perché, dopo aver raccontato a me stessa questa storia, io la potessi lanciare nel fiume Piedra. Era questo l’insegnamento della donna che mi ha accolto. Allora, per ricordare le parole di una santa, “ le acque avrebbero potuto spegnere ciò che il fuoco ha scritto”. Tutte le storie d’amore sono uguali. […] Ho scritto per un giorno intero, poi per un altro e un altro ancora. Ogni mattina andavo sulla riva del fiume Piedra. Una mattina, quando ormai stavo per finire il manoscritto, ho udito il rombo di un’automobile. Il mio cuore ha fatto un balzo, ma io mi sono rifiutata di credere a ciò che mi diceva. Mi sentivo di nuovo libera, pronta a rientrare nel mondo e a farne di nuovo parte. Il momento più difficile era ormai passato, benché la nostalgia fosse rimasta. Ma il mio cuore aveva ragione. Pur non alzando gli occhi dal manoscritto, ho sentito la sua presenza e il rumore dei suoi passi. Lui è rimasto seduto a guardare il fiume, mentre io continuavo a scrivere. Abbiamo trascorso così tutta la mattina, senza dire una parola: allora ho ripensato al silenzio di una notte presso un pozzo, dove ho capito di amarlo. […]
“Resterò seduto qui, al tuo fianco, finché rimarrai di fronte a questo fiume. E se te ne andrai a dormire, io dormirò davanti alla casa dove vivi. E se tu partirai, io seguirò i tuoi passi. Fino a quando mi dirai: “Va via”. Solo allora me ne andrò. Ma ti amerò per il resto della vita”. Ormai non riuscivo più a nascondere il pianto. Mi sono resa conto che piangeva anche lui. “Voglio che tu sappia una cosa…” ha cominciato. “Non dire nulla. Leggi” ho risposto, tendendogli le pagine che tenevo in grembo. Sono rimasta tutto il pomeriggio a guardare le acque del fiume Piedra. Più di una volta lui ha interrotto la lettura ed è rimasto con lo sguardo fisso all’orizzonte, assorto nei suoi pensieri. Ad un certo punto, ho deciso di fare un giro per il bosco, tra le piccole cascate, tra quei pendii pieni di storie e di significati. Quando è giunto il tramonto, sono tornata dove lo avevo lasciato. “ Grazie” ha detto, nel restituirmi le pagine. “E perdonami”.
Sulla sponda del fiume Piedra mi sono seduta e ho pianto. […]
“Dio mi ha sempre dato una seconda opportunità nella vita. Ora me la sta dando con te. E mi aiuterà a ritrovare il mio cammino”.
“Il nostro” l’ho interrotto di nuovo.
“Si, il nostro”.
Afferrandomi le mani, mi ha aiutato ad alzarmi.“Và a prendere le tue cose” ha detto. “I sogni richiedono fatica”.

mercoledì 17 settembre 2008



« Sulla vetta più alta inciela una medievale borgata irta di torri. È il piccolo borgo di Erice, dominato una volta dal più famoso tempio della dea più famosa...Venere,... con la sua cinta fortificata, con le sue strade accuratamente selciate. »
(Con queste parole Roger Peyrefitte descriveva Erice nel 1952.)

..ancora mi commuovo nello scoprire che dopo millenni Venere si manifesta ancora con tutta la sua bellezza attraverso il tuo volto...

martedì 16 settembre 2008

Wind of change...


... mosso come da un desiderio di esprimere al meglio quello di cui era capace, il giovine cavaliere sentiva nell'aere il profumo del cambiamento, l'adrenalina in corpo, la voglia di ricominciare a combattere, esprimersi e confrontarsi con altre realtà, lì in terra infidelis , fiducioso e sicuro, sempre, con al fianco il vessillo del suo Dio, una spada e i suoi libri, adesso che aveva finally trovato la sua pace, la sua ragion di vita, la sua grande crociata, l'essenza della sua stessa condizione d'essere uomo...

lunedì 15 settembre 2008

Caduta libera


Stanno crollando tutte le certezze del perbenismo mondiale in un futuro che non potrà non essere che nero. E l'uomo se ne sta lì, a subire i frutti del suo egoismo, senza capire che il suo unico ruolo a questo mondo che potrebbe vivere ad libitum senza la sua inutile presenza, avrebbe dovuto apportare soltanto amore, l'unica cosa che ci distingue davvero da tutto il resto.



Cambridge, UK - 12/14 Settembre 2008

Vita della mia vita, sempre cercherò di conservare puro il mio corpo, sapendo che la tua carezza vivente mi sfiora tutte le membra.

Sempre cercherò di allontanare ogni falsità dai miei pensieri, sapendo che tu sei la verità che nella mente mi ha acceso la luce della ragione.

Sempre cercherò di scacciare ogni malvagità dal mio cuore, e di farvi fiorire l'amore, sapendo che hai la tua dimora nel più profondo del cuore.

Tagore

La mia vita


…no, lui non lo avrebbe mai permesso, non avrebbe mai concesso tempo al tempo di rovinare quella sensazione, non l’avrebbe mai fatta andare; aveva deciso di seguirla in ogni dove, comunque, lasciando tutto quello che aveva, lasciando che il passato scorresse là, dietro la sua curva schiena, solo, in una nazione antica, un paradiso moderno, il suo piccolo mondo.

Del resto, cos’aveva da perdere?

La sua vita era stata decisa, il suo ruolo scandito dalle voci, dagli schemi, dalla rabbia dell’egoismo, dalle fauci del perbenismo…e solo col suo Dio, i suoi piccoli piaceri, giochi, le sue fotografie, il ricordo di certe emozioni lontane, l’arcano profumo dell’olio appena franto dalla sua terra, e di lei…..lei…..dopo tanta sofferenza l’aveva ritrovata; quella sensazione che aveva perso anni prima, in quel febbraio disperato, tanto odiato, a volte amato e rinnegato, anni di dolore, di rancori, di sofferenza, un cancro che lacerava l’interno, una fitta continua alle tempie, e un nodo in gola presente, sempre, nei suoi discorsi……tormenti…

L’aveva ritrovata, due o tre anni dopo, o più…..lei era stata la sua vita, le aveva dedicato i suoi giorni, le sue emozioni, regalato i suoi sacrifici, risparmiato il suo tempo, per lei, per quell’umore, per quell’amore, per quel dolore…Sarebbe stata sempre presente nella sua vita se solo…se solo gli avesse concesso tempo, gli avrebbe dato spazio, come a ogni uomo, ma lui no!

Lui non era più un uomo, l’orgoglio, perso da un pezzo, trascinato giù nel baratro, anni, anni prima...il pendolo scandisce battiti di vita, e solo noi conosciamo la nostra frequenza, solo noi decidiamo quanta gioia dobbiamo aspettarci dalla vita, nella stessa misura di quanto dolore; è semplicissimo, prova a dare una piccola spinta…se, leggera, impercettibile, nuda scorre, lasciando indifferenza; prova ad aumentare l’intensità, vedrai il cuore incominciare a battere incessante, sempre più forte; conoscerai gioie e altrettanti dolori…questa è la vita, questa è la sua vita.

L’aveva cercata negli occhi di tante altre, nei rumori delle mattine a Milano, negli odori delle serate a Palermo, era andato in Africa, nel deserto, l’aveva cercarta nei tramonti di Istanbul, aveva provato con la sua mente fra Sodoma & Gomorra, aveva visto la guerra, respirato Gerusalemme e pregato, pregato nella culla del suo Dio, all’ombra del muro del pianto…..non era masochismo, ma se lo era non se ne ravvedeva… a lui piaceva soffrire; “per ogni lacrima di gioia – si ripeteva spesso – se ne devono versare altre, di dolore”…non gli importava, lui cercava quella lacrima, era la sua ragion di vita, la cercava con tutte le sue volontà, e lontano, lontano, lontano da ogni sua aspettativa, l’aveva riconosciuta…era Lei, la sua nuova emozione, la sua nuova prigione, il suo nuovo “battito”, il suo nuovo dolore…il suo nuovo amore.

salvatore